CARIDDI (Sofia B.)
Nella mitologia greca Cariddi era la figlia di Poseidone, dio del mare, e di Gea, la madre Terra. In origine era una Naiade, una semidea, ma viveva sotto sembianze umane sulle sponde siciliane, ed esattamente ad una delle due estremità dello stretto di Messina.
Un giorno Cariddi rubò ad Ercole, che stava attraversando lo stretto di Messina, i buoi di Gerione (un gigante a tre teste) e ne mangiò alcuni.
Allora Zeus la fulminò facendola cadere nel mar Mediterraneo, dove la trasformò in un gigantesco mostro simile ad una lampreda (altre documentazioni parlano di un enorme scoglio), che con la sua immensa bocca formava un vortice marino capace di inghiottire le navi di passaggio.
Omero immaginò che questo scoglio inghiottisse tre volte al giorno le onde dello stretto di Messina, che separa la Sicilia dalla costa italica, e altrettante volte le vomitasse con tale potenza da far naufragare le navi di passaggio.
Per evitare lo scoglio o i vortici di Cariddi, i naviganti dovevano avvicinarsi a quello di Scilla, che si trovava in posizione contrapposta. Cariddi è menzionata nel dodicesimo canto dell’Odissea, in cui si narra che Ulisse preferì affrontare Scilla, per paura di perdere la propria nave passando vicino al gorgo di Cariddi, poiché questo significava la distruzione sicura.
Nella realtà, in quel tratto di mare ci sono vortici causati dalle correnti marine, ma non sono di rilevante entità.
Oggi è normale prendere un traghetto e passare dalla Calabria alla Sicilia, senza accorgersi di nulla; ma, se è vero che i vortici non sono un problema per le moderne imbarcazioni, per le navi di legno dell’antichità i gorghi rappresentavano un pericolo ben più grande.
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